Il passaggio generazionale in concessionaria: restare in famiglia o vendere?

Negli ultimi anni, il tema del passaggio generazionale è diventato cruciale anche nel settore delle concessionarie auto. Molti imprenditori arrivano a questa soglia dopo anni da “one-man show”, con reti più complesse, margini sotto pressione e un mercato che si sta consolidando: tra i Top 50 dealer italiani, la quota di mercato è passata a circa il 30% nel 2023 e potrebbe arrivare attorno al 33% a breve, segno che i gruppi più strutturati stanno crescendo e il mercato si sta concentrando proprio facendo leva sul momento in cui le famiglie fanno scelte di continuità o di uscita.

Secondo l’Osservatorio AUB (promosso da AIdAF, Università Bocconi e Borsa Italiana), che da oltre dieci anni monitora le aziende familiari italiane, i passaggi generazionali ben gestiti garantiscono performance migliori in termini di redditività e continuità. Ma evidenziano anche un dato scomodo: molti imprenditori affrontano il passaggio solo all’ultimo minuto, senza una strategia chiara.

Per le concessionarie, dove la solidità patrimoniale e il rapporto con le Case costruttrici contano quanto le competenze manageriali, il ricambio generazionale non è una scelta opzionale: è una variabile strategica da pianificare con anni di anticipo. Ecco le tre principali strade da valutare.


1. Passaggio generazionale pianificato: continuità con metodo

La via più naturale è mantenere l’impresa in famiglia. Ma non basta “passare le chiavi”: serve un vero percorso di successione, con tappe chiare e responsabilità definite.

Il primo passo è distinguere bene proprietà e gestione. La famiglia può presidiare le scelte patrimoniali e le relazioni strategiche, mentre la guida operativa deve passare a chi ha già dimostrato di saper gestire persone, numeri e decisioni.

Il successore non dovrebbe entrare subito “in cabina di comando”, ma affrontare una palestra operativa di 18-24 mesi su un’area con conto economico proprio – ad esempio usato, post-vendita o digitale. Qui si misurano risultati concreti: riduzione dei giorni di stock, saturazione dell’officina, crescita della marginalità sul post-vendita, aumento del tasso di conversione dei lead.

Un elemento chiave è l’esperienza esterna. Prima di assumere la guida complessiva, è utile che il futuro leader abbia lavorato in un’altra azienda – meglio se all’estero o in settori vicini (retail, servizi, logistica). Questo aiuta a sviluppare mentalità manageriale, confrontarsi con pratiche più avanzate e portare in concessionaria idee nuove su digitale, customer journey o gestione dei processi.

In parallelo, è utile prevedere un periodo di co-leadership con deleghe distinte: il fondatore mantiene aree specifiche (es. rapporti con la Casa o gestione del patrimonio immobiliare), la nuova generazione governa operations e innovazione.

Infine, la successione è l’occasione per rafforzare la governance: inserire almeno un consigliere indipendente, fissare regole di ingresso per i familiari e introdurre un sistema di reporting oggettivo. Non più decisioni basate su abitudine o percezione, ma su numeri e risultati verificabili.

Un ricambio ben pianificato diventa così molto più di un cambio di generazione: è un momento di rilancio concreto, in cui l’azienda mantiene la sua identità familiare ma acquisisce strumenti e competenze per affrontare un mercato sempre più selettivo.


2. Exit strategy: quando vendere diventa la scelta più razionale

Non sempre c’è una nuova generazione pronta a subentrare. In questi casi, valutare la cessione a un gruppo più grande può essere la scelta più realistica e intelligente. Le case automobilistiche richiedono investimenti sempre più onerosi su elettrificazione, digitalizzazione e standard di immagine, mentre i margini si assottigliano e le economie di scala diventano decisive. Restare da soli, in queste condizioni, rischia di erodere il patrimonio costruito in anni di lavoro.

Una exit ben preparata porta tre vantaggi immediati: tutela i mandati con le case, assicura stabilità a clienti e dipendenti e valorizza il capitale accumulato dalla famiglia. Per ottenere questi benefici occorre però lavorare molto prima della trattativa. È necessario presentare bilanci chiari e report per area di business (vendite, usato, post-vendita), che dimostrino margini ricorrenti e sostenibili nel tempo. Anche i contratti chiave devono essere in ordine: rinnovare i mandati, consolidare i rapporti con banche e leasing e rinegoziare eventuali condizioni critiche prima di aprire i libri a un acquirente rafforza la posizione al tavolo.

Il tema degli immobili merita attenzione specifica: separare la proprietà delle sedi dall’attività operativa rende la cessione più semplice e permette alla famiglia di mantenere una rendita stabile anche dopo la vendita.

Un altro aspetto cruciale è avere consapevolezza che il patrimonio netto a bilancio non coincide quasi mai con il valore riconosciuto in una trattativa. Alcune voci vengono inevitabilmente riviste al ribasso e questo può ridurre sensibilmente l’importo che l’imprenditore ha in mente. Sapere che accadrà – e lavorare per tempo su ciò che può essere migliorato – è il modo più efficace per limitare l’impatto delle rettifiche negative e presentarsi con basi più solide al confronto con un potenziale acquirente.

Il vero nodo strategico non è “se vendere”, ma quando e a quali condizioni. Chi pianifica con anticipo riesce a negoziare da una posizione di forza, scegliendo il partner più adatto a valorizzare la rete e garantire continuità industriale.

Una exit ben gestita, dunque, non è una chiusura ma una scelta di protezione e rilancio: mette al sicuro il patrimonio costruito in anni di lavoro e inserisce la concessionaria in una rete più solida, pronta a competere nel nuovo scenario dell’automotive.


3. Partnership strategiche: condividere ciò che pesa di più

C’è un’alternativa al passaggio in famiglia o alla vendita: costruire alleanze mirate che permettano di condividere costi e know-how senza perdere il controllo della concessionaria. Prima di intraprendere questa strada, però, serve una condizione imprescindibile: fidarsi dei partner con cui si collabora. Condividere parti sensibili del proprio business significa aprire conti, processi e talvolta anche clienti; senza una base solida di affidabilità reciproca, il rischio di conflitti e fratture può superare i benefici economici.

Quando la fiducia c’è, le partnership diventano una leva concreta. Il post-vendita è spesso il primo ambito in cui sperimentarle: officine condivise, centri revisioni o carrozzerie consortili permettono di saturare meglio gli spazi e ridurre i costi unitari. Anche il digitale si presta bene: piattaforme comuni per lead management, BDC o campagne marketing permettono di ottenere economie di scala altrimenti fuori portata. Infine, la formazione del personale: progetti congiunti per tecnici e venditori rafforzano la capacità di attrarre e trattenere talenti in un mercato del lavoro sempre più competitivo.

La logica non è quella della fusione, ma della cooperazione selettiva: si resta indipendenti, con brand e governance proprie, ma si condividono i capitoli più onerosi trasformando costi fissi in investimenti sostenibili. In alcuni casi, queste partnership possono anche funzionare come soluzione ponte, permettendo di tenere la rotta fino a quando non sarà pronto un erede familiare o un manager esterno, senza perdere il controllo e con la possibilità di gestire il passaggio in modo graduale.

Per molti dealer questa rappresenta la via intermedia più intelligente: preservare l’identità e il legame con il territorio, ma al tempo stesso inserire la concessionaria in un sistema più ampio e resiliente, capace di affrontare sfide che da soli rischierebbero di essere insostenibili.


Nel mercato automotive italiano la posta è più alta: la rete si sta consolidando e i Top50 dealer aumentano peso e ambizione. Per molti imprenditori questo è il momento di decidere come passare il testimone: pianificare una continuità familiare guidata dai numeri, progettare un’uscita ordinata verso un gruppo più grande o valutare alleanze selettive con partner di fiducia.

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